sabato 31 luglio 2010

Colpo di stato e nuova politica.



Nella notte fra il 7 e l’8 Dicembre 1970 l’Italia si trovo per alcune ore ad un passo da un colpo di stato. I vertici dell’esercito, la mafia, la P2 e alte cariche dello stato erano pronte a far scattare un blitz operativo che avrebbe portato il nostro paese sotto la dittatura di un regime Fascista guidato dall’ex comandante della Decima Mas Valerio Junio Borghese, ma qualcosa all’ultimo momento bloccò tutto. Questi sono i fatti, riconosciuti, emersi dalle inchieste decennali sull’accaduto e che sono di pubblico dominio.

Solitamente dopo la scoperta di un fatto così grave il popolo esige la testa dei cospiratori, di chi ha attentato alla cara democrazia e tentato di gettare ai propri piedi un intera nazione. In Italia questo non è successo. I colpevoli, i manovratori, i complici e i sostenitori hanno avuto “condanne” che vanno dal ritiro apparente dagli scenari politici, alla nomina a Senatore a vita.
L’impunità dei malfattori è cosa frequente nel nostro paese, sopratutto in ambito  finanziario e politico, basti pensare aGiulio Andreotti, senatore che con i suoi voti ancora decide le sorti del nostro paese, invischaito nelle più torbide dinamiche dal dopoguerra ad oggi, condannato ma prescritto per associazione a delinquere di stampo mafioso. Proprio alla luce di questa tendenza all’impunità è utile considerare il perchè del mancato Golpe e le conseguenze che hanno influito sugli ultimi 30 anni della nostra storia.
Il colpo di Stato Borghese non poteva fallire, una colonna della Guardia Forestale era pronta ad entrare a Roma, un gruppo di insorti, capitanati dal noto fascista Stefano Delle Chiaie, entrarono al Viminale prelevando con inspiegabile facilità duecento mitragliette dall’armeria, la Mafia aveva da tempo dato il proprio benestare all’operazione tanto da aver messo a disposizione della “causa” numerosi soldati mentre il susseguirsi di improbabili incidenti tecnici, come l’isolamento dei centralini di alcuni dei ministeri chiave, di mobilitazioni dei militanti dell’estrema destra in tutta Italia, avevano preparato il terreno all’azione. Oltre a tutto questo è utile indicare come già dalla fine del ’69 le notizie sulle operazioni di preparazione del Golpe erano giunte sia ad un non meglio precisato comando dei Carabinieri e in subito dopo ad un volenteroso giornalista, Camillo Arcuri, che con una sua indagine tentò di pubblicare i documenti, ricevuti dall’allora presidente della commissione parlamentare antimafia Francesco Cattanei, suo confidente,  venendo immediatamente e a più riprese CENSURATO; tutto questo per far capire la insuperabile cortina fumogena innalzata a protezione delle manovre di Borghese.
Perchè allora tutto si bloccò proprio all’ultimo momento? Chi ha avuto il potere di fare tutto ciò? Quali vantaggi ebbe?
Le operazioni preparative al Golpe erano state pianificate con la certezza di un’alleanza, probabilmente la più importante: quella con la P2, e la loggia massonica che faceva capo a Licio Gelli (alla quale lista, che invito a consultare, erano iscritti moltissime delle attuali figure politiche più importanti del nostro paese!), aveva onorato la parola presa mettendo a disposizione le più importanti risorse di depistaggio, protezione e intimidazione condotte dai servizi segreti deviati. E’ lecito e, alla luce dei fatti, logico pensare che fu propio il benestare del Venerabile Gelli a mancare all’ultimo momento, l’unico appoggio indispensabile sia prima che dopo aver preso il potere. Ma mentre una deduzione logica non fa una prova, due almeno fanno venire qualche dubbio: i vantaggi che la P2 poteva trarre da un dietrofront dell’ultimo minuto non sono affatto trascurabili: molti dei personaggi implicati nella faccenda e ormai compromessi non pagarono alcun tributo alla legge e li dove la giustizia fece il suo corso le pene furono a dir poco vergognose, la massoneria offri un salvacondotto a molti, garantendosi un legame importante, a metà strada fra il ricatto e la gratitudine, con una generazione politica e militare pronta ad un imminente abdicazione.
La storia a noi più vicina ci parla del nostro paese come una nazione dei paradossi, dove pregiudicati e condannati in via definitiva trovano posto in parlamento, abbiamo una classe politica anagraficamente e ideologicamente vecchia che affonda le sue radici nei torbidi affari degli anni di piombo, nelle connivenze con la mafia e nei giochi di potere ai tempi della guerra fredda, tutto quello che oggi è disprezzabile in questo paese ha origine da fatti che solo noi ancora non riusciamo a condannare.

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